sabato 12 marzo 2011

I 140 anni di storia del cinema-teatro sociale di Castellamonte

  I 140 ANNI DI STORIA DEL CINEMA-TEATRO SOCIALE  di CASTELLAMONTE

                                                                               

Con l’inaugurazione della sala convegni intitolata a Piero Martinetti, l’edificio dell’ex cinema ha iniziato un nuovo ciclo di vita.
Il restauro  effettuato ha dotato Castellamonte di una moderna sala di riunione, ma ha altresì recuperato un edificio storico e rappresentativo per generazioni di castellamontesi.
La cerimonia ufficiale ha giustamente ricordato la figura dell’insigne filosofo al quale la sala è stata dedicata; io vi voglio raccontare, invece, la storia dell’edificio e delle importanti attività che esso ha ospitato.
La sua storia iniziò 140 anni fa, nella Castellamonte di metà ottocento, ricca di fervori economici ( si sviluppavano le prime fabbriche ceramiche)  e sociali (nascevano le Società di mutuo soccorso).
Il pur timido vento di libertà, indotto dallo Statuto Albertino, favoriva l’associazionismo e le attività culturali e ricreative e quindi la necessità di un luogo per esercitarle.
Nel nostro paese esisteva da tempo, in un locale attiguo alla chiesa di S. Francesco (attuale ex caserma carabinieri), una sala povera e disadorna, anticamente usata come oratorio dai frati conventuali, nella quale si esibivano piccole compagnie di teatranti ambulanti o manifestazioni ricreative: ben poca cosa per un paese che aspirava a primeggiare nel Canavese.
Giova ricordare che all’epoca le attività ricreative e teatrali erano molto apprezzate ed erano pressoché le uniche forme di divertimento pubblico per il popolo. Inoltre avere un bel teatro era vanto per la città e motivo di orgoglio per la nascente borghesia locale.
Ciò indusse alcuni concittadini a farsi promotori di una Società del Teatro  avente come scopo la costruzione di un edificio da adibirsi a tale scopo.
I capitali necessari  per  intraprendere l’opera, furono trovati tramite l’emissione di azioni da lire 120 cadauna e il sito, venne individuato in un giardino della proprietà Meuta, all’inizio della strada che correva lungo le mura che cingevano il paese dal lato sud e che proprio in quegli anni veniva allargata e chiamata “via nuova”, trasformata dal dialetto locale in “rei neuva “ (oggi via Educ).
Il progetto venne redatto dall’ing. Avenatti e le decorazioni affidate al Prof. Franzè e al castellamontese Giacomo Vernetti, tutta l’opera costò  18.000 lire e venne solennemente inaugurata nel 1864, esattamente 140 anni fa.
Fu così che anche Castellamonte ebbe il suo teatro e pur non essendo un’opera di particolare pregio, soprattutto a confronto con quello di Cuorgnè, era funzionale allo scopo.
All’interno, oltre alla platea vi era un soppalco in legno che copriva metà sala e si estendeva, in parte, lungo le pareti laterali. Questa parte garantiva una certa riservatezza e venne chiamata di seguito “columbera”, perché ambita dalle giovani coppie che potevano scambiarsi qualche pudico bacio.
Il palcoscenico era dotato di fondali, quinte, pozzetto per il suggeritore e tutto l’occorrente alle rappresentazioni, compresi i camerini  che si trovavano sotto il palco, a cui gli artisti potevano accedere da una porticina laterale.
L’ambiente sobrio, privo di stucchi e fronzoli, lo rendeva più simile ad un caffè chantant dell’epoca che ad un classico teatro.
Le panche della platea, facilmente accatastabili, permettevano di usufruire di un grande spazio, fruibile come sala per ballo, banchetti, feste ecc.
Un’atmosfera popolare ha caratterizzato il nostro teatro sin dalle origini, ma questo non ha impedito lo svolgersi di grandi stagioni teatrali, ospitando rinomate compagnie di livello nazionale e favorendo la nascita di società di filodrammatica molto popolari, che hanno esercitato con successo sino agli anni ’50 del secolo scorso.
La vera particolarità del nostro Teatro Sociale è che esso nacque, dalla volontà associativa e solidaristica che lo caratterizzò per tutta la sua storia
La Società del Teatro rimase funzionante, con un Consiglio Direttivo e una Segreteria sino alla metà dello scorso secolo, per poi divenire aleatoria con la morte dei soci privati e il disinteresse generale.
Come già accennato, sin dalla sua nascita il Teatro Sociale divenne il luogo organizzativo di svariate iniziative. Già nel 1866 il Comune assegnava alla Società proprietaria un contributo di lire 120 annue affinché la sala potesse essere usata per costituire la leva militare, per indire i comizi, distribuzione di premi ecc.
Non solo quindi luogo di svago, ma centro delle iniziative  pubbliche, politiche e sociali.
Sino ai primi anni del ‘900, in occasione della costituzione delle leve militari, generazioni di giovani castellamontesi ne hanno varcato la soglia con trepidazione, per recarsi ad estrarre  un numero, in base al quale  la sorte decideva chi si doveva affrontare qualche anno di militare o ne era fosse fortunosamente esentato.
Oppure si  trasformava in autentica arena politica, quando si indivano i comizi, nei quali secondo l’usanza del tempo era previsto il contraddittorio che consentiva ai contendenti di affrontarsi verbalmente, a volte al limite della rissa , tra  gli appassionati e divertiti spettatori, offrendo loro argomenti per commenti che animavano la grigia vita paesana.
Durante l’epidemia di spagnola che colpì duramente anche Castellamonte nel 1919 facendo numerosissime vittime, il Teatro Sociale fu trasformato in lazzaretto e luogo di cura.
Varie le conferenze, i dibattiti, le manifestazioni svolte.
Al suo interno risuonarono le note dell’Internazionale e i cori dei lavoratori terraglieri riuniti a congresso, come più tardi si levarono grida di  eia eia alala e le note di Giovinezza dei primi manipoli fascisti.

Con l’avvento del cinematografo il locale ebbe nuova vita. Negli anni ’30 iniziò la regolare programmazione dei film, e “andare al cinema” divenne per i castellamontesi il maggior divertimento. Le due vetrine laterali all’ingresso, destinate alle locandine delle rappresentazioni teatrali, sempre più spesso ospitarono le foto di attori e  di scene del film

proiettato, e  pur continuando ad essere il luogo di ritrovo della comunità, il cinema, in virtù del  grande successo che riscuoteva, divenne l’attività preminente del locale.
 Le rappresentazioni teatrali lentamente diminuirono, pur conservando un notevole seguito almeno fino al primo dopoguerra, per poi cessare completamente attorno agli anni sessanta del secolo scorso.
Negli anni della ricostruzione e del cosi detto  boom economico i castellamontesi trovarono nel loro cinema sociale, il luogo dove soddisfare la loro spensieratezza e voglia di vivere: banchetti, veglie danzanti, feste di carnevale trovavano posto, tra la ricca programmazione dei film, che alla domenica arrivarono a tre proiezioni, due pomeridiane e una serale.
Il successo del cinematografo, ormai affermatosi ovunque e la cui influenza nel nodo di pensare e dei costumi si stava facendo notevole, indusse anche la chiesa a trasformare le sue sale e teatrini in cinematografi, nel tentativo di arginare una presunta liceità di costumi suggerita da certi film.
Anche Castellamonte ebbe il suo cinema parrocchiale, che come tutti, era molto attento nel programmare i films, scegliendo  unicamente quelli giudicati accettabili dalla moralità cattolica.
Il Teatro  Sociale rimase però il luogo più importante per le rappresentazioni cinematografiche.
I primi western, i film di Maciste, quelli di Totò e tutta la sequela dei films di produzione americana hanno segnato la nostra gioventù. A chi ha vissuto quel periodo, ritorneranno sicuramente in mente molti ricordi, aneddoti e curiosità, su ciò che rappresentava il cinema e il suo modo di fruirlo. Ognuno ha i suoi, e tutti sono importanti.
Personalmente ricordo,  i marciapiedi ingombrati delle biciclette e motorette parcheggiate, e il Sig. Malandra che per poche lire le custodiva; ricordo le interruzioni  (erano frequenti) dovute alla rottura della pellicola e le gustose battutacce che seguivano; ricordo l’immancabile pianto di qualche neonato, che capitava sempre nel momento topico di un film e l’altrettanto immancabile battuta di “daje la pupa” e seguente risata del pubblico; ricordo le lacrime e i singhiozzi di molte donne, durante la proiezione di qualche film del neorealismo italiano e molto altro ancora…… il modo di fruire il cinema era diverso, più partecipativo, ma soprattutto era la gente ad essere diversa.
Proseguendo la nostra storia, arriviamo agli anni sessanta e alla prima grande ristrutturazione dei locali.
Il vecchio teatro venne completamente svuotato e ricostruito con i criteri di un moderno cinema: una capace galleria, poltrone più comode e un grande schermo contornato da un rilievo che ricordava lo schermo di un grande televisore.
In quegli anni sessanta la televisione stava conquistando le nostre case, rivelandosi come un formidabile concorrente delle sale cinematografiche. Trasmissioni come “Lascia o raddoppia” svuotavano i cinema: il nostro locale per contrastare questa tendenza, la sera della messa in onda del quiz di Mike Bongiorno, piazzò su di un alto trespolo un televisore per dare la possibilità agli spettatori di assistere alla trasmissione e alla fine di questa, iniziava la proiezione del film in programma.
 I risultati però non furono entusiasmanti e l’iniziativa terminò presto.
Se la televisione ebbe indubbiamente un ruolo nel sottrarre spettatori ai locali cinematografici, la causa principale della crisi e alla conseguente chiusura del nostro Cinema Sociale, fu l’apertura di grandi e moderne sale nel nostro circondario, come quella di Cuorgnè e Valperga in grado di accogliere almeno il doppio degli spettatori e quindi di permettere una programmazione di film di recente realizzazione.
Esaurita ormai da anni la possibilità di continuare a vivere come teatro e constatata l’impossibilità economica di sopravvivere come cinema, sulla antica Società del Teatro e sul Cinema Sociale calava definitivamente il sipario, dopo una poco onorevole parentesi come locale a “luci rosse”.
Qui finisce anche la nostra storia, ma ai castellamontesi, oltre ai ricordi, rimane un bell’edificio sostanzialmente intatto nella parte esterna e che l’intervento comunale a risanato e con la creazione della sala convegni Piero Martinetti ha predisposto ha nuova vita.
Fortunatamente almeno in questo caso, per un edificio storico castellamontese possiamo dire… e la storia continua.


EMILIO  CHAMPAGNE


 












































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