sabato 12 marzo 2011

La manifattura ceramica Enrico Pagliero di Castellamonte

LO STABILIMENTO CERAMICO PAGLIERO


La manifattura Pagliero venne fondata nel 1814 da Enrico Pagliero, in regione Morlino a Spineto di Castellamonte
La decisione di realizzare una grande struttura segnava la fine di una mentalità artigianale che aveva permeato tutta l’attività ceramica sino ad allora, e indicava l’avvento di una nuova era, figlia di quella rivoluzione industriale che nell’ottocento portò allo sviluppo dell’automazione e della produzione di massa.
Ciò nonostante i prodotti Pagliero, anche se realizzati a livello industriale, associavano alle caratteristiche di praticità e di quotidianità (peculiari dei secoli precedenti) un elevato gusto estetico ed artistico che si rifletteva sia nei manufatti più comuni che nei pezzi più pregiati.
Si può dire, infatti, che Enrico Pagliero fu il primo ceramista castellamontese a capire la necessità di dover abbandonare quelle forme rozze e quotidiane, che avevano caratterizzato le ceramiche del nostro paese sino ad allora, ricercando invece un elevato grado di raffinatezza artistica in qualunque oggetto venisse prodotto.

Lo stabilimento si presentava come un enorme caseggiato a pianta quadra, con un lato adiacente ad un corso d’acqua che, a partire dal 1854, veniva impiegato per far muovere una ruota idraulica, la cui forza motrice azionava le macine per l’argilla, i molini a tamburo usati per triturare le vernici, una trafila per tubi ed un montacarichi.
I lavoratori addetti alla produzione erano una trentina.

Nel 1830, adiacente alla fabbrica, venne realizzata l’abitazione privata dei Pagliero, abbellita da decori in terra rossa e ceramiche policrome.
Assieme alla ditta “Buscaglione”, i Pagliero vantavano la produzione più completa e varia.
Per tutto l’ottocento, oltre ai  prodotti per la fumisteria, produssero stoviglie per cucine, limbici, statue, fregi architettonici, ornati per giardini, vasi, mattoni refrattari e prodotti in grès, tubi, sifoni, vaschette e prodotti per la chimica.
Dopo in 1907 circa la produzione venne improntata quasi esclusivamente sui prodotti per fumisteria, (stufe, franklin, caminetti, colonne fumarie ) campo nel quale primeggiò a livello nazionale e internazionale.
Alla morte di Enrico Pagliero l’azienda venne ereditata da suo figlio Michele, che cambiò la denominazione sociale in ditta “Pagliero Michele fu Enrico”, marchio ripetuto nei manifesti dell’epoca che riproducevano in effigie alcune tra le più belle stufe castellamontesi.

Le stufe Pagliero coprivano un’intera nicchia di mercato partendo dai modelli più semplici ed economici, in cotto naturale,  sino alle stufe tipo lusso, finemente decorate e maiolicate con i tipici colori caramello, verde o bianco e con finiture in ottone.
Il loro prezzo di vendita andava dalle cinque alle cinquantasette lire a seconda del modello.
Anche i caminetti erano divisi in modelli economici e di lusso con prezzi che andavano dalle sette alle sedici lire per le versioni più semplici e dalle tredici alle trenta lire per quelle più prestigiose ( i prezzi si riferiscono ai primi anni del novecento).
Intorno al 1915 i prezzi vanno quasi raddoppiati  a causa del conflitto bellico e lo scarseggiare delle risorse.
Nella prima metà del XX secolo alla produzione di caloriferi classici si affianca quella di caloriferi elettrici per i quali la ditta fornisce soltanto il rivestimento ceramico e non la parte elettrica.
Michele ebbe due figli, Romualdo e Terenzio. Sarà quest’ultimo a succedere al padre ed a continuare l’attività imprenditoriale.
Nel 1905, la denominazione sociale della ditta venne convertita in “Fratelli Pagliero e Compagnia” con l’ingresso dell’ing.Magnaldi e dell’ing. Bonelli come soci partecipi della gestione della ditta e con responsabilità illimitata.
Il valore dello stabilimento era stimato in quindicimila lire.

Tra il 1906 e il 1909 la Ditta aveva rapporti commerciali con diverse città italiane tra cui Torino, Genova, Vicenza, Venezia, Aosta, Firenze, Napoli, nonché con la Svizzera.
Tra i maggiori clienti della Ditta Pagliero, vanno ricordati la Farmacia Militare  di Torino, il Genio Militare  Italiano, l’Impresa di Navigazione Lago Maggiore e lago di Garda, La ditta E. Breda di Milano e le Ferrovie dello Stato.
Il nome sociale venne ulteriormente trasformato in “Industria Piemontese del Grès ing.Bonelli – Pagliero e C.”, tuttavia le locandine pubblicitarie rimasero sempre quelle intestate “ Pagliero Michele fu Enrico “.
Nel 1912 troviamo Terenzio Pagliero come azionista dell’A.R.S (Anonima Refrattari e stoviglie) e nel 1914 risulta anche essere proprietario di un proprio stabilimento ceramico denominato “ Stabilimento Ceramico Pagliero Terenzio & R.” sempre in frazione Spineto.
La Ditta aveva cave di sua proprietà in regione Vadrimes e Ongiano nonché i diritti di escavazione di quelle situate in regione Mariano e Craversa. Più avanti acquisì cave anche in regione Chiria, Benasso, e Vivario.

Nel 1922 la Ditta Pagliero impiegava quarantotto operai stabili e dieci operai provvisori.
Nel 1924 il numero passò a sessantadue operai che lavoravano otto ore al giornaliere ( lo stipendio medio giornaliero variava dalle 18 – 20 lire per gli operai specializzati e tra le dieci e le diciassette lire per i manovali)
Mediamente in un anno venivano lavorati 19.600 quintali di argilla, 180 di quarzo e due quintali di biossido di manganese(impiegato per i caratteristici smalti color caramello ).

Nel 1938 lo stabilimento si dotava di un motore idraulico da dieci cavalli e dieci motori elettrici con una potenza complessiva di sessanta CV.
Da Terenzio Pagliero il timone dell’azienda passò nelle mani del figlio Michele ( detto Micheluccio) che guiderà la ditta sino alla chiusura avvenuta nel 1958.
Il declino aziendale incominciò verso la metà degli anni quaranta causato principalmente dalla crisi finanziaria dovuta alla guerra e allo scarseggiare di manodopera specializzata che nel periodo postbellico venne attratta dalle nuove industrie regionali ( Fiat, Olivetti) garanti di un sicuro stipendio e di un posto di lavoro più stabile.
Inoltre l’ingresso sul mercato di materiali, quali prodotti in alluminio, ghisa, plastica che sostituirono i manufatti di argilla di uso comune e determinarono il definitivo collasso delle imprese ceramiche.
Nel 1964 morì Michele e nel 1966 il padre Terenzio.
Con loro finì la dinastia imprenditoriale dei Pagliero. L’impianto venne affittato, con il marchio e i modelli originali ad alcuni imprenditori locali con denominazione “Ceramiche Pagliero Michele” di Camerlo rag. Leo & F.lli sino ad essere poi quasi abbandonato a fine secolo.

Bibliografia
Maurizio Bertodatto
Archivio privato
Catalogo Ditta
Cocci di Informazione – Assoc.Artis.Cer.Castellamonte


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