L’ ALTRA PAGLIERO
di Emilio Champagne
A poche centinaia di metri una dall’altra, due fabbriche, due dinastie di ceramistii, contribuirono a cavallo di due secoli, a fare grande l’industria ceramica castellamontese
Con la ristrutturazione di una parte dell’antica fabbrica Pagliero Enrico di Spineto e la sua rinascita come polo espositivo della ceramica castellamontese e sede di attività artigianale e di manifestazioni culturali ci si è un po’ dimenticati dell’altra fabbrica Pagliero che sorge a Castellamonte, sulla stessa provinciale per Cuorgnè nel curvone così detto “della ghiacciaia” ( un tempo era attiva di fronte un’attività per la produzione del ghiaccio).
Qualcuno à portato anche a credere che i due stabilimenti, per via dello stesso cognome dei proprietari e per la vicinanza, siano esse una fabbrica sola , invece le due famiglie Pagliero in questione svolgevano la stessa attività di imprenditori ceramici in modo autonomo e non erano neppure parenti tra di loro.
Pagliero Oreste fu l’ultimo membro della famiglia a gestire lo stabilimento che continuò a produrre ceramiche sino alla fine degli Anni Cinquanta.
La fabbrica sorse anche essa accanto alla Roggia dei Mulini dalla quale traeva la forza idraulica per il macchinario e ne fu iniziata la costruzione nel 1860. Ci vollero tre anni per completare la fabbrica e come scrive Maurizio Bertodatto, si dovette deviare il corso della roggia comunale e dell’attiguo sentiero per la sua realizzazione.
Il promotore dell’iniziativa fu Giovanni Antonio Galeazzo (1) innovativo imprenditore ceramico dell’epoca, già proprietario di uno stabilimento sul Canale di Caluso. ( poi ex lanificio)
Ancora oggi possiamo ammirare la notevole mole del complesso e soprattutto l’elegante facciata ottocentesca prospiciente la strada per Cuorgnè abbellita dalle opere in terra cotta castellamontese come i moggioni, fregi e i tre bellissimi pitociu rappresentanti i musicanti collocati sull’abbaino.
Realizzato lo stabilimento, disgraziate circostanze economiche e di salute lo costrinsero ad abbandonare l’attività e il complesso manifatturiero, nel 1870, fu rilevato da Pagliero Giuseppe che i documenti dell’epoca indicano già come costruttore di stufe.
Alcune pubblicazioni, anche dei primi del Novecento indicano Giuseppe Pagliero come cognato di Galeazzo, ma una recente ricerca genealogica effettuata da Luca Pagliero l’ultimo giovane discendente della famiglia lo esclude, ma conferma le origine antiche della famiglia, gia da tempo attiva nel settore ceramico e ponendo come capostipite certo Pagliero.........
Giuseppe Pagliero continuò l’opera di ammodernamento della produzione ceramica e sviluppò ulteriormente il settore commerciale.
La Ditta fu premiata all’Esposizione Generale italiana di Torino nel 1884.
Nel 1895 Giuseppe Pagliero, ormai avanti nell’età cedette la direzione dell’azienda ai figli Giovanni e Bartolomeo
La produzione, come nella tradizione dell’industria ceramica castellamontese era diversificata: dalla produzione iniziale di vasi, tubi, stoviglie, modiglioni, balaustre, statue ed in genere tutti i tipi di ornati in cotto per la costruzione di giardini, si passò alla costruzione di stufe, caminetti, franklin ed ogni genere di riscaldamento in terra cotta.
Con la crisi generalizzata dell’industria ceramica , avvenuta dopo la guerra 1915-18 mondiale,il primo settore a risentirne fu la produzione di stoviglieria in terra-cotta che non resse alla concorrenza di quella metallica, ma anche le stufe iniziarono il loro declino.
Nel tentativo di limitare il declino, negli Anni Trenta, sviluppò la produzione di materiali refrattari di ogni tipo per forni, fonderie, fumisterie ecc. seguendo e sovente apportando per prima, le innovazioni e le migliorie nei sistemi di lavorazione e nelle vernici impiegate.
La ditta produsse anche fornelli elettrici di propria invenzione tutti in terra refrattaria e stufe di ogni forma e tipo con l’ applicazione di dispositivi atti al riscaldamento a gas e a nafta, migliorando ancor più la qualità dei suoi prodotti mediante accurate scelte delle terre usate, rese possibili dal possesso di varie e ottime cave dalle quali si estraeva i migliori tipi di terre refrattarie della regione.
Ancora in quegli anni quando lavorava a pieno regime, riusciva ad occupare una quarantina di operai.
Alla morte di Bartolomeo Pagliero, avvenuta nel 1933, subentrò il figlio Oreste.
Negli Anni Quaranta la fabbrica assunse la denominazione di Ceramiche Pagliero Oreste e continuò la produzione sino alla fine degli Anni Cinquanta, quando assieme a quasi tutte le storiche fabbriche di ceramica castellamontese chiuse i battenti.
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