lunedì 7 gennaio 2013

Francesco Bertinatti

Francesco Bertinatti di Ivrea



Lo studioso canavesano che abbinò lo studio dell’anatomia umana alle Belle Arti.



di Emilio Chamapgne





Una piccola stradina, ad Ivrea nei pressi di Palazzo Giustiniana ci ricorda Francesco Bertinatti, nato a Ivrea nel 1803 e morto a Torino il 22 gennaio 1840, senza aver ancora compiuto i 36 anni.
La famiglia Bertinatti era originaria di Castellamonte, da dove un ramo si stacco per stabilirsi in Ivrea. (1)
Parente e probabilmente cugino del più noto Giuseppe Bertinatti nato a Castellamonte nel 1808, segretario di Gioberti e primo ambasciatore italiano negli Stati Uniti, Francesco aveva due fratelli, uno dei quali, don Luigi, fu parroco ad Albiano e canonico della cattedrale d’Ivrea.
Studente coscienzioso e appassionato, terminati gli studi ad Ivrea riuscì ad ottenere, nel 1822 tramite concorso, un posto gratuito nel collegio Puteano di Pisa nel quale si dedicò allo studio della medicina.
Nel prestigioso Ateneo, ebbe modo di avere come maestro il famoso Vaccà Berlinghieri (2) del quale riuscì ad essere l’allievo prediletto. Nei periodi di vacanza dagli studi, seguiva il suo maestro a Firenze e Livorno, per istruirsi e fare pratica nella cura degli infermi ricoverati in quei vasti ospedali.
Il 13 giugno 1826 a Pisa, si laureava dottore in medicina e chirurgia ed iniziò l’esercizio della professione sotto la direzione del lodato e valoroso professore, sennonché con l’improvvisa morte del Vaccà Berlinghieri vide cambiati i suoi piani che prevedevano una stabile residenza nella città toscana.
Addolorato per la grande perdita, si trasferì a Bologna nella locale università per la specializzazione in anatomia, seguendo le lezioni del non meno illustre patologo Tommasini.
A Bologna restò circa un anno, applicandosi con ardore e zelo per accrescere le sue cognizioni nella conoscenza dell’anatomia umana.
Purtroppo il destino ancora si accaniva nei suoi confronti: mentre sezionava un cadavere si scalfì un dito e contrasse una terribile infezione, che si manifestò con un bubbone ascellare.
La malattia non fu fatale, ma lo costrinse a lasciare Bologna e lo Stato pontificio ed a rimpatriare in Piemonte.
A Torino Francesco Bertinatti continuò i suoi studi di anatomia umana e il 5 marzo 1828 venne confermato dottore in medicina e chirurgia presso la Regia Università .
Un anno dopo, il 5 dicembre 1829, dopo accurate dissertazioni da lui pubblicate e dottamente difese venne aggregato al collegio chirurgico della stessa Regia Università.
Poco dopo gli fu affidato l’incarico di regio ripetitore. Scrisse numerosi articoli per il Bollettino delle scienze mediche, riguardante le Effemeridi fisico-mediche di Torino, lo scorbuto, la cateratta e la medicazione dei cauteri e la contagiosità del morbo asiatico(cholera morbus).
Questa ultima scrittura, la Società medica di Livorno, di cui era membro, volle fosse a proprie spese ristampata in segno di stima per l’autore.
Aiutante del prof. Luigi Rolando, (3) luminare della Regia Università, alla sua morte avvenuta il 20 aprile 1831, Francesco Bertinatti ne eseguì l’autopsia e pubblicò il risultato della medesima.
Dal 1832 al 1836, costituì nell’ambito della biblioteca dell’Accademia Albertina, un fondo comprendente importanti opere di anatomia.
Il valore e la considerazione che seppe guadagnarsi, gli valse nel 1832 la nomina di sottoincisore nel Regio Teatro di Anatomia e professore di anatomia pittorica nella R. Accademia Albertina di belle arti. Con i nuovi incarichi si aprì al Bertinatti un mondo nuovo, appassionandolo a nuovi studi, che coniugavano la scientificità dell’anatomia, con l’arte pittorica nell’illustrare i vari elementi e la loro relazione nel funzionamento del corpo umano.
I trattati di anatomia applicata alle Belle Arti figurative esistenti all’epoca, lasciavano molto a desiderare circa il raggiungimento dei fini per i quali erano destinati. I compilatori di questi trattati erano bravi in anatomia chirurgica, ma si limitavano a stendere brevi e incomplete descrizioni, per cui poco trovava l’Artista, che doveva tradurre sul disegno o tavola illustrativa i vari organi. Capitava così che una fervida fantasia li spingeva a immaginosi concepimenti, oppure l’ignoranza della struttura del corpo umano li portasse a rappresentarli malamente.
Per rendere più utile lo studio dell’anatomia all’artista e tradurla in pratica egli fece disegnare scheletri di ogni età e figure umane complete di muscolatura nell’atto di svolgere una funzione.
Questi studi durarono sette anni, durante i quali egli visitò varie pinacoteche in Italia per ricavare con esempi tratti dalle statue e dai quadri dei più valenti autori osservazioni sulle parti anatomizzate e sui modelli. Alla fine il risultato fu che per primo, alla sterile descrizione anatomica, congiunse la fisiologia.
Finalmente nel 1837, diede alle stampe la splendida opera che lo renderà immortale: Elementi di anatomia e fisiologia applicata alle Belle Arti figurative, pubblicato in Torino dall’editore Pietro Marietti.
L’opera in due volumi, con un grande atlante composto di 37 figure di eccellente fattura litografica degli artisti Morgari, Mecco, Malnate, Guille e Bogliani, degni discepoli del Bertinatti.
La pubblicazione ebbe il plauso di scienziati ed artisti ed ebbe l’alto gradimento di S.M. il re Carlo Alberto, che fregiò il Bertinatti della Croce di cavaliere del merito civile di Savoia.
Ancora oggi l’opera del Bertinatti è considerata e apprezzata dalla storiografia medica mondiale.

Francesco Bertinatti era ricordato dai contemporanei come un giovane schietto, ma cortese, di gracile costituzione, bersagliato sovente da malori i quali non gli impedivano però di svolgere un’intensa attività di lavoro e di studio.
Consapevole, che purtroppo l’emotisi contratta un decennio prima, inesorabilmente progrediva, quando re Carlo Alberto gli mandò le insegne di Cavaliere, dopo aver ringraziato, sorridendo aggiungeva: “Meglio sarebbe se avesse potuto inviarmi due polmoni.”
Nell’agosto del 1839 si acutizzò il suo male e a nulla valsero le cure per frenarne le conseguenze. A lungo sopporto gli spasmi che lo assalivano e sopportò con encomiabile rassegnazione il decorso della malattia. La sesta ora del pomeriggio del 22 gennaio 1840, fu l’ultima ora di Francesco Bertinatti. La sua morte, a soli 36 anni, afflisse la consorte e sottrasse ai tre figli ancora in giovane età, un padre premuroso, alla scienza e alle arti sabaude, un promettente e valido scienziato.


Note

 
(1) Antonino Bertolotti, Passeggiate in Canavese Tomo V pag 430

(2) Andrea Vaccà Berlinghieri 1772 -1826. Terminati gli studi superiori , fu inviato a Parigi, assieme al fratello Leopoldo a studiare medicina.
Dopo due anni si recarono a Londra, particolarmente attratti dalle tecniche mediche di John Hunter.
Al suo ritorno a Pisa, Andrea Vaccà Berlinghieri divenne professore di Chirurgia e fu considerato l’iniziatore della Scuola Medica chirurgica pisana.

(3) Luigi Rolando Laureatosi nel 1793 medico chirurgo, nel 1804 fu chiamato a Sassari, dove la corte sabauda si era rifugiata dopo l’occupazione di Napoleone. Dopo la Restaurazione venne nominato medico di corte e conferita la cattedra di anatomia all’Università di Torino e vi fondò un museo che ancora oggi porta il suo nome. Insegnò anche all’Accademia delle Belle Arti e venne eletto membro dell’Accademia delle scienze.





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