Sono decenni che studiosi e appassionati di storia locale segnalano l’importanza storica e artistica di un altorilievo in stucco posto sulla facciata al numero civico 193 di via Massimo d’Azeglio a Castellamonte. Esso raffigura la Madonna del Rosario attorniata da angeli e un santo orante. e ancora alcuni decenni fa si poteva leggere “Famiglia Reasso 1638”. Questo altorilievo è una preziosa testimonianza del XVII secolo castellamontese e come tale andrebbe tutelato e salvato dal completo degrado.
In attesa di un doveroso restauro, esso ci da lo spunto per alcune riflessioni sulle numerose pitture murali e piloni votivi che si trovano sul nostro territorio
Innanzi tutto va detto che, aldilà del valore artistico, perlopiù scarso, salvo poche eccezioni come quello precedentemente menzionato e prescindendo dall’atteggiamento che ognuno di noi ha verso la religione e le sue manifestazioni di devozione popolare, queste opere sono pur sempre frutto della cultura e delle tradizioni del nostro popolo e quindi come tali vanno rispettate e valorizzate.
Inoltre per un’ osservatore attento, che sappia leggere e interpretare oltre l’apparenza, questi dipinti
offrono spunti di riflessione su come è cambiata nel corso dei secoli la rappresentazione iconografica della divinità, e dalla dedizione che certe comunità, borgate, o singoli accordavano a determinati santi per averne la protezione da eventi drammatici che in quel periodo storico affliggevano il singolo o la comunità.
Così in periodi di epidemie e pestilenze il popolo si affidava a Santi di cui era nota o presunta la capacità taumaturgica; oppure in epoche di scarsa sicurezza delle strade dovuta a bande di briganti e taglieggiatori che minacciavano i viandanti ci si affidava ai protettori dei viaggiatori e pellegrini.
Ne consegue che il particolare diffondersi di un santo, piuttosto di un altro in una determinata zona e in un determinato periodo storico può essere letto anche come la manifestazione di un “problema” specifico della comunità .
La devozione a un santo poteva essere soggetta a quel fenomeno che oggi chiameremo “di moda” Nella nostra zona santi come S.Grato e S.Rocco sono diffusi, in altre zone d’Italia praticamente sconosciuti.
Nel passato erano centinaia i santi a cui si rivolgeva la devozione popolare e ogni regione aveva i suoi preferiti, contribuendo così ad un pluralismo devozionale. Attualmente, con l’enorme potere totalizzante dei mezzi di comunicazione, anche in questo settore si diffonde il culto di quelli che raggiungono la ribalta. Basti per tutti il caso di Padre Pio e dell’importante ruolo avuto dai mezzi di comunicazione per la diffusione del suo culto.
Anche la rappresentazione iconografica della Madonna è variata attraverso i secoli, tanto da permetterci di riconoscere tramite la sua postura, l’abbigliamento, la posizione del bimbo in grembo, il periodo e le dominanze politiche culturali del momento.
In questo modo prima del XV secolo la composizione madonna-bambino ha uno stile severo e la fissità degli sguardi accentua la sacralità. Il bambino era vestito e solo alla fine del XV secolo comincia ad apparire nudo, parzialmente coperto dal manto della Vergine.
La più antica rappresentazione della Madonna esistente a Castellamonte si trova affrescata in una sala situata nella parte più antica del castello.
L’opera è stata giudicata dagli esperti come risalente al tardo 1400 e rappresenta la Madonna con Bambino , seduta su di un trono in stile gotico, con tenuità di colori e soavità di tratti che ricordano lo stile del rinascimento lombardo.
In periodo rinascimentale il bambino aumenta la sua visibilità all’interno dell’immagine, esso è un paffuto bimbo dai capelli chiari, posizionato a volte sulla destra a volte sul ginocchio sinistro; ha un portamento vivace che lo umanizza mentre con la mano benedice con le due dita unite, secondo il canone latino.
Spesso la Madonna in altre raffigurazioni porta la corona (simbolismo cosmico) e lo scettro (il bastone del comando) a simboleggiare il dio unico che governa l’universo e il re che lo rappresenta sulla terra. Girando per il Canavese ed osservando con attenzione i numerosi affreschi e piloni votivi troveremo una varietà di modi con i quali è stata rappresentata la Vergine ed ognuno ci può aiutare a dare una datazione ed a “leggere” una quantità di informazioni storico-artistiche. La più curiosa si trova in una cappella sulle colline di Borgofranco e rappresenta la Madonna a seno nudo che allatta il Bambino. Un capitolo a parte meriterebbero le numerose Madonne nere esistenti in Canavese, divise tra quelle di Belmonte e di Oropa.
E’ noto come le religioni si sovrappongono ad altre più antiche adattandosi e conservandone alle volte certi aspetti e la rappresentazione della Madonna con Bambino è riconosciuta dagli studiosi come la continuazione figurativa della dea-madre della fertilità, già presente nella civiltà egizia, dove Iris allatta Horus simbolo del sole.
Se questo è vero, osservando la rappresentazione iconografica delle Madonne nere è difficile non fare paragoni e non trovare similitudini con la rappresentazione della dea egizia.
Infatti al di là del colore esotico della pelle, troviamo la posizione centrale del bimbo e la particolarità del velo che scende dal capo alle spalle sino a terra, dando alla figura un senso geometrico.
Continuando il nostro ideale giro alla ricerca di altre curiosità, troviamo una singolare immagine della Vergine, che si trova nella facciata prospiciente via Massimo D’Azeglio di casa Allaira.
Consiste in un altorilievo datato 1707 e rappresenta il momento dell’assunzione in cielo: la Vergine con le braccia incrociate sul petto, si erge in posizione ieratica sopra una mezza-luna calpestando il serpente. Questa rappresentazione non è molto comune e seguendo il filo del discorso precedente, secondo il quale le religioni continuano nelle successive civiltà, possiamo vedere che come le dee della fertilità ispirarono la rappresentazione iconografica della Madonna con Bambino, quella dell’Assunta può ricordare il culto di Diana, la dea romana che viene rappresentata tradizionalmente come la vergine lunare rappresentante delle forze della natura.
La presenza intrigante dello spicchio di luna su questo altorilievo aumenta il mio desiderio di saperne di più, così compiuta una piccola ricerca in merito su libri che trattano l’argomento, ( Calmet “Des Divinitès” pag. 25) scopro che anche i Galli popolo a noi vicino che in tempi molto antichi hanno popolato il Canavese, veneravano una figura equivalente a Diana, essa era Arduina dea eponima delle Ardenne.
Il culto misterico di Arduina perdurò fino al medioevo e uno dei centri di culto era la città di Lunèville.
Un’altra designazione di Arduina era di “Diana delle Ardenne”. Il suo culto era lunare e le sue immagini portavano la falce di luna. Era considerata inoltre la protettrice delle fontane e delle sorgenti. Ancora nel 1304 la Chiesa promulgava statuti per vietare il culto della dea pagana.
Possiamo supporre che chi anticamente introdusse nella rappresentazione dell’Assunta lo spicchio di luna calpestato dai suoi piedi, unitamente al serpente (simbolo del male) volesse ricordare ai fedeli il trionfo e la supremazia della nuova religione su quelle più antiche? Chissà!
Mi rendo conto di aver sconfinato in un terreno insidioso e il lettore mi perdonerà queste divagazioni che hanno come unico scopo quello di stimolare la curiosità e di invitare ad osservare le “cose al di là di ciò che appaiono” e non certo quello di esprimere giudizi di merito che lasciamo agli studiosi.
Resta il problema, questo si reale e concreto, di conservare queste pitture murali e piloni votivi da un lento ma inesorabile degrado, salvaguardando questo importante aspetto della devozione popolare per tramandarle con il loro fascino, la loro arte e -perché no- con il loro mistero alle future generazioni
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