lunedì 7 gennaio 2013

Un'auto chiamata Temperino

Un’auto chiamata Temperino





L’incredibile storia dei fratelli Temperino di Borgiallo, che all’inizio del Novecento costruirono la prima utilitaria ed entrarono nella storia automobilistica italiana.


Dopo l’invenzione dell’automobile, a partire dalla fine dell’Ottocento vi fu un incredibile sviluppo di imprese artigianali che si dedicarono alla sua costruzione.
Torino divenne presto la capitale italiana dell’automobile, ancor prima dello sviluppo della Fiat.
Queste iniziative imprenditoriali, nate il più delle volte in locali di fortuna e disseminate per la città, avevano nomi come “Diatto”, “Temperino”, “Itala”, “Chiribiri”, “Aquila”. Un fiorire di stemmi e di ingegnosità tecnica, che dette il via alla storia dell’industria automobilistica.
Anche se al tempo erano in pochi a credere che l’automobile avrebbe potuto sostituire i cavalli, e ancor meno a pensare che un giorno sarebbe diventata un trasporto di massa, tuttavia l’auto stava già diventando l’oggetto del desiderio di attempati aristocratici e di rampanti borghesi.
La competitività delle ditte produttrici era alta e ognuna vantava le proprie qualità come la comodità e l’eleganza, ma fattore importantissimo era l’affidabilità tecnica.
Su questi argomenti si accendevano vivaci discussioni nei circoli come nei caffè del centro. La necessità di un confronto pratico, unito ad una buona dose di spavalderia dei giovani proprietari, favorì il diffondersi delle prime gare automobilistiche sportive. A Torino, prima competizione assoluta fu la Sassi-Superga, giudicata un banco di prova formidabile per i motori. Poi con gli anni si diffusero altre competizioni, sempre più impegnative: il circuito del Sestrieres, la Susa –Mocenisio, fino a raggiungere il valico del Gran S.Bernardo.
Con il diffondersi delle gare, crebbe l’interesse del pubblico, il quale seguiva le gare dagli articoli dei giornali, e di conseguenza anche quello delle ditte costruttrici, che con una buona affermazione vedevano aumentare il loro prestigio.

Il 4 settembre 1920, l’arguto e seguitissimo giornalista sportivo Pierre La Pipe dalle pagine del Guerrin Sportivo scriveva nel suo articolo:
“Corsa napoleonica al Gran San Bernardo: rombano le prime macchine dei giganti. Arrivano quassù tutti pieni di freddo in questo trionfo di sole nascente…ma attenzione, un rombo di motore, poi come una formica appare una piccola vettura. Rompo proprio in quell’istante la punta del lapis. Scusa hai un temperino? E la Temperino taglia il traguardo. Nessuna macchina come la Temperino poteva tagliarlo meglio.”

Il curioso nome, che suggerì al giornalista, questa originale cronaca sportiva era effettivamente quello della fabbrica d’auto dei fratelli Temperino, originari di Borgiallo in Canavese.
La fabbrica automobili Temperino, proprio in quegli anni stava riscuotendo un notevole successo sportivo e andava affermandosi sul mercato, guadagnandosi in seguito, il riconoscimento unanime come la prima auto utilitaria italiana. Da quella cronaca nascerà il motto: Ci vuole una Temperino per tagliare bene il traguardo.
L’affascinante storia di questa casa automobilistica, al pari delle vite dei loro ideatori, meriterebbe ben più di queste poche pagine, ma cogliamo comunque l’occasione per ricordarla ai numerosi canavesani che non le conoscono o ne hanno scordato le vicende.
Sul finire dell’Ottocento, i coniugi Giovanni Temperino e Caterina Trucano di Borgiallo e il loro primogenito Maurizio si trasferirono negli Stati Uniti in cerca di fortuna.
In America nacquero altri figli e precisamente Jimmy, Secondo, Carlo e Mary.
Le cose non andavano male, ma l’improvvisa morte del capofamiglia e i problemi di salute di Caterina la moglie, indusse quest’ultima a radunare i propri figlioli e rientrare in patria, nella casa di Borgiallo.
I primi tempi furono duri, poi il figlio Maurizio il più grande cominciò a dare una mano e a imparare un mestiere nelle boite del rame di Cuorgnè, ma le opportunità per la famiglia erano poche.
La mamma Caterina decise così di trasferirsi a Torino, dove numerose erano le manifatture e quindi le possibilità di occupazione.
Nei primi anni del Novecento, Maurizio il primogenito, dopo un periodo di apprendistato si appassionò alla meccanica e propose ai fratelli l’apertura di una bottega in via Principe Oddone 44, per la riparazione di cicli e motocicli.
La passione per i motori contagiò in breve i fratelli Temperino e se le automobili erano ancora appannaggio della classe più ricca, le prime motociclette erano un lusso al quale poteva accedere anche la media borghesia, quindi decisero di impegnarsi nel settore.
Pur importando dall’America i componenti più importanti, nel 1908 la prima moto con il marchio Temperino dipinto sul serbatoio incominciò a rombare per le strade di Torino.
Nel 1911, in occasione del 50° anniversario dell’Unità d’Italia, venne allestita a Torino una grande Esposizione internazionale alla quale la ditta Temperino partecipò con le loro motociclette.
L’attività stava andando bene e le ordinazioni fioccavano da ogni parte.

Il sogno dei fratelli era però quello di costruire un’auto. Mentre ancora si occupavano di moto, nei ritagli di tempo si dedicarono alla costruzione di un prototipo, che a giudicare da una rara foto, sembrava più una macchina a pedali per bambini che un’autovettura.
Il primo passo era stato fatto, ma molto restava ancora da fare.
Importante fu la collaborazione con un giovane studente del Politecnico, Giulio Cappa Bava che già chiamavano “l’ingegnere”. Questo distinto giovane, usava frequentare l’officina dei Temperino assieme ai colleghi di studio e lì, con la testa china sui cilindri e sui pistoni, discutevano sui numerosi problemi tecnici da risolvere.
Con il passare del tempo si rinnovarono gli sforzi. Maurizio il più anziano era un autentico inventore e molte parti della vettura furono pensate e costruite adottando alle volte delle soluzioni originali e inedite.
Finalmente, la prima auto Temperino fu messa a punto nelle officine di via Ravenna vicino a C.so Principe Oddone, ancor prima dello scoppio della Prima guerra Mondiale.
Una cartolina pubblicitaria testimonia la costruzione e la vendita di una vetturetta con carrozzeria a due posti, azionata da un motore di cc 350, probabilmente di origine motociclistica.
Maurizio Temperino in quel periodo alternava il lavoro in officina con quello di autista. Personaggi importanti e perfino la regina Margherita, gli affidavano le loro automobili e con esse effettuava lunghi viaggi, anche all’estero, maturando una grande esperienza sulle qualità delle varie automobili, e nelle nuove tecniche costruttive.
Allo scoppio della I Guerra mondiale, anche l’officina dei Temperino venne mobilitata per le necessità belliche: sotto la sorveglianza militare incominciarono a riparare i motori degli aeroplani che decollavano dal campo volo di Mirafiori. La bravura dei fratelli Temperino e la perizia con la quale costruivano le loro vetture non sfuggì allo Stato Maggiore, il quale convinto della necessità di avere anche piccole e veloci automobili nel suo parco macchine, ne ordinò un discreto numero.
La commessa militare fu molto importante, in quanto diede un accelerato sviluppo all’iniziativa dei Temperino.
L’officina di via Principe Oddone non bastava più e si aprì uno stabilimento in via Stupinigi con una sessantina di operai.
Le macchine ulteriormente migliorate, montavano un nuovo motore a due cilindri e la loro caratteristiche principale erano le contenute dimensioni e le ottime prestazioni in salita.
La guerra ai Temperino non portò solo lavoro e opportunità, anche loro ne furono coinvolti. Carlo, entrò come capo officina nelle scuole meccaniche militari.
Giacomo parteciperà direttamente alla lotta e avendo maturato esperienza sui motori aerei entrò nella neonata aviazione come istruttore e collaudatore. Partecipò a numerose azioni di guerra con la valorosa 38° squadriglia del cap.Rizzano e fu gravemente ferito al mento e al collo mentre sorvolava San Donà del Piave, ma riuscirà miracolosamente ad atterrare e a salvarsi.
Maurizio Temperino, il più anziano venne esonerato dal servizio militare per poter condurre lo stabilimento e per qualche anno su di lui ricadde la responsabilità della direzione. Di grande aiuto in questo, come in altri frangenti, fu la collaborazione della sorella Mary sempre vicina ai fratelli nella vita come nel lavoro, sin dai tempi della prima officina.
La produzione da artigianale quale era stata fino ad allora, divenne industriale. Nella primavera del 1918, fu stipulato un accordo con la ditta Opessi per la costruzione in serie delle vetture.
Una delle novità costruttive fu che la Temperino anticipando i tempi, delegò la costruzione delle varie parti ad altrettante ditte. Un primo modello montava un motore costruito dalla fabbrica di motocicli Della Ferrera, di 1010 c.c., mentre le carrozzerie provenivano dallo stabilimento Farina di corso Tortona ed erano verniciate in color verde oliva, rosso granata e nero.
Alla fine della I Guerra mondiale il panorama industriale del settore automobilistico era caratterizzato dal grande sviluppo che stava avendo la Fiat, dovuto anche alle notevoli commesse militari delle quali aveva beneficiato e dalla produzione di automobili di grande dimensione, sempre più potenti e costose.
Molte aziende erano già fallite o stavano per esserlo, impossibilitate a concorrere con un nascente colosso quale stava per diventare la Fiat e di questo erano ben coscienti i fratelli Temperino i quali maturarono la decisione, che per resistere vi era una sola possibilità: costruire automobili piccole, robuste e dal costo contenuto, in grado da essere acquistate anche dalla nascente piccola borghesia.
Per fare ciò si ideò un progetto produttivo altamente innovativo per l’epoca: la soppressione dell’ossatura in legno e dell’adozione di una carrozzeria interamente metallica sviluppata negli stabilimenti Farina .
Cofani, parafanghi, paratie e simili fino a quell’epoca forgiati a mano ed adattati ad ogni singola vettura, vennero stampati e standardizzati in modo da consentire il montaggio di ogni elemento al posto giusto in ogni vettura, la quale era stata adattata a riceverlo attraverso un analogo ricorso a misure standard. La carrozzeria della Temperino fu la prima applicazione concreta delle nuove tecniche apprese oltreoceano dal decano dei carrozzieri italiani, il cui fratello minore diventerà famoso con il marchio Pinin Farina.
Oltre alla carrozzeria, il motore raffreddato ad aria, ma ancor privo di condotti forzati, permise l’eliminazione del circuito di raffreddamento ad acqua e l’adozione di un semplice e leggero telaio a forma di A dotato di balestre ellittiche anteriori e di “balestrino posteriore”.
Conservando la struttura di base e combinando gli elementi della carrozzeria era possibile ottenere diverse versioni: il torpedino lo spider e il furgone.

Anche sotto il profilo finanziario i fratelli Temperino riuscirono a produrre qualcosa di innovativo, coinvolgendo economicamente i loro fornitori. Così nella Società vetturette Temperino & C. costituita nel 1919 con capitale di lire 500.000 entrarono anche il carrozziere Giovanni Farina, il costruttore dei motori Della Ferrera e Antonio Opessi, fornitore dei telai e assemblatore.
Grande importanza venne data alle corse automobilistiche, che proprio in quegli anni appassionavano il pubblico ed erano quindi un ottimo veicolo pubblicitario.
La Temperino approntò sei autovetture, destinate a competere nelle più importanti gare dell’epoca. Gli stessi fratelli le piloteranno in prima persona e le porteranno a collezionare un’incredibile serie di successi.
Già nel 1919, una Temperino con due persone a bordo riuscì a percorrere in dodici minuti la salita Sassi –Superga. Da allora fino al 1927 fu un susseguirsi di successi nella loro categoria. Nel tempo si è perso l’elenco delle gare alle quali le Temperino e i loro piloti parteciparono, ma furono veramente tante. Nel 1920 due Temperino si classificarono al primo e secondo posto nel Circuito del Sestriers, la più massacrante corsa automobilistica dell’epoca: 256 km di stradine ripide e polverose, che le due Temperino percorsero alla sbalorditiva media di 52,325 Km/ora. Un’altra importante affermazione la ebbero nell’agosto dello stesso anno, alla corsa in salita Aosta-Gran San Bernardo, che imponeva un difficile tracciato di 30,5 Km e un dislivello di 1867 metri. Le due Temperino, guidate da Adolfo Martinelli e Marco Truccano, arrivarono in un’ora e undici minuti.

Un giorno il carrozziere Giovanni Farina, regalò al suo giovanissimo figlio Nino una Temperino e Maurizio gli insegno a guidarla e in breve venne inserito nella squadra corse.
Nino Farina si appassionò alle corse automobilistiche tanto che, nel 1950, con l’Alfa Romeo 158 diventò il primo campione del mondo nella storia della moderna Formula Uno.
I successi sportivi fecero da traino alla vendita di autovetture di serie. Negli anni 1921-22 la produzione arrivò ad una decina di auto al giorno e le automobili Temperino furono richieste anche all’estero.
Maurizio Temperino, che aveva conservato un buon uso della lingua inglese, intratteneva dei buoni rapporti con il sig. J.S. Wood, proprietario della britannica Kingsway Motor Company di Londra. Quest’ultimo fornì una vettura alla rivista “The Light Car and Cyclecar”, che ne parlò a più riprese in termini positivi elogiandone la solida costruzione e l'ottima prestazione del motore.
L’interesse suscitato convinse i Temperino, nel 1921, a fondare la Temperino Motors Ltd, per la vendita in esclusiva dei loro modelli in Gran Bretagna e in Irlanda.
Il prezzo di vendita era di 285 sterline (ma il modello base scendeva fino a 175 sterline).
Un prezzo competitivo, che portò ad esportare in Inghilterra una media di 30 autovetture al mese.
Proprio quando tutto sembrava andare bene, la crisi economica che colpì l’Italia e le turbolenze politiche che sfociarono nell’avvento del fascismo, mandò in crisi numerose aziende. Chi non aveva capitali consistenti fu costretto ad appoggiarsi alle banche. La Temperino ebbe la sfortuna di affidarsi alla Banca Italiana di Sconto, la quale proprio in quegli anni fu travolta dalla crisi trascinando con se molte imprese e istituti di credito.
La Temperino ebbe gravi ripercussioni, ma resistette pagando tutti i debiti, riuscendo ad evitare il fallimento. Ai problemi economici si aggiunsero però anche problemi di mercato: in Francia la Peugeot lanciò la 5 CV e in Inghilterra l’Austin il modello “Seven”, due automobili di piccola cilindrata rese veramente economiche da una grande produzione in serie. Per gli altri costruttori di vetture economiche non vi fu più spazio.
La Temperino resistette sino al 1925, poi si arrese di fronte ad una concorrenza insostenibile.
La automobili Temperino sono oggi ricordate da tutti gli esperti come il primo tentativo italiano di costruire un’automobile utilitaria destinata ad una larga diffusione. In Italia bisognerà aspettare gli Anni Cinquanta-Sessanta perché l’auto utilitaria si affermi.
Forse i tempi non erano maturi. La Temperino voleva essere un’auto economica destinata ad una piccola borghesia che in Italia era ancora troppo poco sviluppata. Inoltre in quegli anni sparirono quasi tutte le ditte di automobili nate a Torino ad inizio Novecento, una sola, la Fiat, avrebbe primeggiato nella storia automobilistica di Torino e dell’Italia.
Oggi una Temperino è esposta al Museo dell’automobile di Torino e continua a stupire i visitatori per l’eleganza, concentrata nelle sue ridotte dimensioni.
I fratelli Temperino continuarono la loro attività in campo automobilistico aprendo un grande e rinomato garage in via Giovanni da Terrazzano e continuarono la loro passione automobilistica depositando una serie di brevetti.
Non dimenticarono mai il loro paese, Borgiallo, dove avevano conservato la casa di famiglia e trascorsero serenamente parte della loro vecchiaia e tutti, uno dopo l’altro, lo scelsero come ultima dimora.


Bibliografia
Le piccole grandi marche automobilistiche italiane, di Augusto Costantino De Agostini editore
La Manovella, Rivista N°4 – 1975 / n° 8 1990
Veteran and Vintage, n°6 1964
L’illustrazione d’Italia, 27 aprile 1919
Tuttosport dicembre 1957
Settestrade, 1956 n°9
Maurizio Temperino di Renata Temperino Roveri
Museo dell’Automobile di Torino Centro documentazione.



Dal motore raffreddato ad aria al turbo compressore.


I brevetti dei geniali fratelli Temperino di Borgiallo.



A scorrere gli attestati di brevetto ottenuti dai Temperino, viene da pensare che avrebbero dovuto dare ai loro ideatori fama e ricchezza invece no, nulla di tutto questo.
I perché potrebbero essere molti, ma si possono sintetizzare in due: le intuizioni dei fratelli di Borgiallo anticipavano i tempi, ma erano di scarsa utilità per la loro epoca e i brevetti furono lasciati scadere.
Al centro documentazione del Museo dell’Automobile di Torino esiste un fascicolo inerente il brevetto del motore raffreddato ad aria depositato da Giacomo Temperino il 29 marzo 1921 e rilasciato il 15 maggio del 1923 con durata 10 anni.
Tecnicamente il motore veniva raffreddato ad aria forzata, prodotta da una ventola azionata dall’albero motore e circolante tramite condotti, attraverso le alette di raffreddamento poste attorno ai cilindri.
Inoltre nel relativo brevetto si menziona la miscela, che dal carburatore passando ai cilindri, viene riscaldata dal calore sottratto alle parti metalliche.
A prima vista la sezione del motore sembra proprio quello che una trentina d’anni dopo verrà montato sulla mitica Fiat 500: due i cilindri, la stessa collocazione per la ventola e i condotti che fanno circolare l’aria attorno ai cilindri.
I Temperino nei loro intenti volevano e costruirono un’auto utilitaria e quindi economica.
Utilizzarono un motore di derivazione motociclistica, quindi per migliorarne le prestazioni bisognava aumentare il raffreddamento (era collocato nel cofano) e inventarono l’auto ventilazione forzata. I risultati erano un motore più leggero e eliminando il raffreddamento ad acqua un costo inferiore dell’autovettura. ( anteriormente la carrozzeria della Temperino 8/10 HP, simulava il radiatore a soli fini estetici.)
La stessa filosofia seguì Dante Giacosa nel 1957 quando progettò la Nuova 500.
I tempi per la motorizzazione di massa erano ormai maturi, negli Anni Venti ancora no.
Nel 1924, Maurizio Temperino, compie degli studi sulla costruzione di una nuova “ruota elastica” , tentativo di rendere “morbida” la ruota, senza l’uso dei pneumatici.
Il brevetto viene presentato nel febbraio e rilasciato nel marzo 1924. Un contratto era già stato stipulato con il sig. Adolfo Krumm di Torino per la commercializzazione in esclusiva in Italia e all’estero.
Nel 1926 iniziano lo studio per un “turbo motore” a gas, che sarà oggetto di ricerche e di prove che porteranno avanti fino in età avanzata.
Un altro brevetto presentato negli Anni Trenta proponeva un dispositivo da installare sulle auto di grande cilindrata, per ridurre la potenza fiscale e il consumo di benzina. Il Reale Automobile Club d’Italia, nel n°4 del 28 febbraio 1934, pubblicò un inserto dello studio sulla “Riduzione della cilindrata nei motori a 6 cilindri”, effettuato dalla ditta fratelli Temperino, per eliminare il funzionamento di due cilindri. La Fiat 520 per esempio, con il dispositivo Temperino poteva passare, in questo modo, da 25 HP a 16 HP riducendo così la tassazione fiscale, che era particolarmente gravosa, riuscendo a percorrere 9 km con un litro di benzina.
Altri brevetti, altre piccole geniali soluzioni stanno a testimoniare l’impegno di una vita di fratelli, che sempre lavorarono assieme, condividendo i successi e i momenti difficili conservando quell’unità e quella solidarietà cosi difficile da trovare nell’animo umano.











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1 Commenti:

Alle 4 febbraio 2016 alle ore 14:33 , Blogger Unknown ha detto...

Meravigliosa storia di imprenditoria ed ingegno piemontese

 

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