Articolo di Emilio Champagne
Esperimenti nel 1932: Da Torino a Rivarolo Cuorgnè Pont sul treno dalle ruote di gomma.
Il curioso e avveniristico mezzo di trasporto viaggiò per un mese, suscitando l’interesse di autorità e tecnici e lo stupore dei canavesani.
All’inizio degli Anni Trenta la ferrovia canavesana era percorsa giornalmente da numerose corse delle sbuffanti vaporiere.
Il locomotore a vapore era ancora, per l’intera rete ferroviaria italiana, il principale mezzo di locomozione, anche se da parecchi anni l’applicazione dell’energia elettrica nel campo dei trasporti era ormai una realtà. Gli elettrotreni avevano spodestato il dominio del vapore soprattutto nelle linee internazionali e di grande importanza dove gli ingenti investimenti necessari per l’elettrificazione potevano essere ammortizzati, rimaneva però a vapore la maggioranza delle linee nazionali.
Gli effetti della grande crisi di Wall Streed del 1927impiegarono qualche anno ad attraversare l’Atlantico, ma non furono meno devastanti di quelli che avevano fatto traballare gli States.
Nel trasporto ferroviario furono le linee in concessione, cioè quelle date dallo Stato in gestione ai privati a subire i maggiori contraccolpi e questo perché queste linee operavano prevalentemente in zone a debole economia ed a modesto traffico.
All’inizio degli Anni Trenta quindi, il bilancio di molte amministrazioni di linee concesse risultava pericolosamente provato; da ciò scaturì un nuovo impulso nella ricerca di soluzioni che consentissero esercizi economici grazie a bassi consumi di energia, più frequenza di corse, ridotta manutenzione del binario, e soprattutto riduzione del personale in rapporto a quello dei treni; tutto senza l’aggravio di investimenti sull’impianto.
Un mezzo di trasporto che riunisse in sé tutte queste caratteristiche, avrebbe dovuto essere leggero, molto più leggero delle locomotive a vapore e dotato di un propulsore di elevata potenza.
Per quanto riguarda il motore, la scelta era quasi obbligata: l’applicazione ferroviaria del motore endotermico che proprio in quegli anni aveva compiuto numerosi progressi tecnici; rimaneva però la necessità di diminuire il peso e il numero delle ruote ed assi necessari per l’aderenza del mezzo sulle rotaie.
Venne così in mente, ai tecnici francesi della nota fabbrica di pneumatici Michelin, l’intuizione di utilizzare con opportuni accorgimenti, ruote dotate di pneumatici simili a quelli usati sugli autocarri.
Questa innovazione, aumentando l’aderenza tra gomma e ferro, (il coefficiente è quattro volte maggiore che tra ferro e ferro) avrebbe permesso di concentrare la potenza su un numero minore di assi, quindi minor peso, minor massa del veicolo e maggior utilizzo della potenza del motore.
I tecnici pensarono quindi di risolvere felicemente il connubio tra automobile e ferrovia, portando un soffio rigeneratore di evoluzione nel settore del trasporto ferroviario, anche se ora sappiamo che i risultati non furono pari alle aspettative.
Il progetto della Michelin venne subito realizzato e i primi prototipi impiegati nella linea Palaiseau-Chartres nel nord della Francia. Al nuovo locomotore, accolto con interesse dalla stampa internazionale, si interessò anche la Michelin italiana che aveva i suoi stabilimenti a Settimo, così la Michelina come italianamente venne subito battezzata, arrivò anche in Italia e con le dovute autorizzazioni governative continuò le prove e i collaudi sulla linea canavesana.
Una fredda mattina di febbraio 1932 grande deve essere stata la sorpresa dei canavesani, quando invece della solita sbuffante vaporiera videro sfrecciare (con un rombo) lo strano veicolo metà autocarro metà treno, che con le ruote di gomma in apparente precario equilibrio transitava sui binari della ferrovia Canavesana.
Le prime domande vennero subito spontanee: come riusciva la Michelina a mantenersi stabile sui binari avendo le ruote di gomma di un autocarro? E se bucava cosa succedeva? A queste domande risposero i giornali che con grande enfasi e interesse descrissero questi esperimenti. In realtà le ruote (brevettate) erano sì fissate al mozzo come per le comuni automobili, ma la presenza del bordino d’acciaio interno “teneva” il veicolo sulle rotaie; il pneumatico alloggiava in un’apposita scanalatura circonferenziale; la pressione di circa 6 atmosfere era controllata da un sensore che allertava con una suoneria in cabina il variare di pressione. Furono fatte prove con sassi e chiodi posti sulle rotaie e i resoconti parlano di superamento eccellente delle prove; in caso di foratura il pneumatico veniva sostituito da una persona sola in cinque minuti.
Il prototipo giunto in Canavese era equipaggiato da un motore Panhard & Levasseur a benzina, erogava 95 CV a 2000 giri/min. Il gruppo motore cabina erano sistemati su di un telaio a tre assi equidistanti, che aveva un passo totale di 3 metri. Esso sosteneva anche l’estremità anteriore della cassa a mezzo di un collegamento a snodo; abitacolo e cabine erano unite da un mantice di comunicazione. L’altra estremità della cassa poggiava su di un carrello biassiale ed era rastremata essendo il mezzo bidirezionale quindi in grado di compiere il tragitto nelle due direzioni senza bisogno di essere girato. Benché le ruote ( tutte dello stesso diametro di 908 mm) fossero assai alte la carrozzeria “Vienna” era di tipo ribassata al livello dei marciapiedi in modo di agevolare l’ingresso dei circa trenta passeggeri; le sospensioni del veicolo erano realizzate mediante molle a balestra e ammortizzatori. La lunghezza massima dell’automotrice era di poco superiore a 15,5 metri e la sua altezza di soli 2,6 metri; pesava poco, grazie all’impiego di legno e leghe leggere: 4,73 tonnellate in ordine di marcia e meno di 7 ton. a pieno carico.
Il 17 febbraio, alla presenza delle Autorità della Provincia di Aosta e di Torino e dei rappresentanti della stampa tecnica sportiva e politica del Piemonte ebbe luogo la presentazione ufficiale sulla linea S.Benigno-Rivarolo-Cuorgne-Pont, un percorso di 30 km, tormentato da ben 29 curve, delle quali 13 con raggio inferiore ai 300 metri.
A bordo del nuovo veicolo trovarono posto le Autorità e i giornalisti: ecco come l’articolista della rivista Provincia di Aosta descrive questa esperienza:
Per gentile concessione dei dirigenti della “Michelin Italiana” abbiamo potuto personalmente provare la bella “Michelina” che si presenta subito, all’occhio di chi guarda, di una estetica veramente moderna, snella e di una linea molto elegante….
Si parte: in 1’22” il tachimetro segna 80-85 Km ora; sembra quasi di star fermi, massima scorrevolezza, silenziosità estrema, dolcezza di marcia: il tachimetro segna 104 Km; nelle prove precedenti a quanto assicurano- ha segnato i 138 Km. orari
Le curve vengono prese a 75 Km orari, senza scosse r beccheggiamenti, ma direi quasi, con flessuosità.
L’automotrice non dà l’impressione della velocità, scivola, vola, leggera e veloce come una freccia: gli ampi finestrini, della nostra “pulmann”, mostrandoci il rapidissimo susseguirsi degli alberi e delle case ci rendono però esattamente l’idea della velocità.
Prima fermata: rapidamente e con molta dolcezza un fruscio ci annuncia che la “Michelina” si è fermata. Si riparte ed in pochi secondi siamo sotto un tunnel, ma la conversazione tra i viaggiatori prosegue poiché nessun rumore - solito invece nei treni normali i- viene avvertito
Ecco Pont: 30 Km superati in 33 minuti; abbiamo quindi raddoppiato la velocità commerciale del treno a vapore in uso nella medesima linea.
Le prove dimostrative ottennero quindi un certo consenso tra gli interessati, compresi i viaggiatori canavesani che l’utilizzarono in un servizio regolare tra Rivarolo e Pont.
Furono realizzati anche un paio di servizi per il cinegiornale dell’Istituto Luce che venne proiettato a livello nazionale in tutti i cinema d’Italia. (Attualmente, grazie alla messa in rete degli archivi Luce è possibile visionarli in Internet al sito ………… occorre però essere registrati e digitare la password )
Dopo un mese di attività in Canavese, la Michelina venne trasferita nel Lazio dove continuò i collaudi, svolgendo servizio sulla linea Roma – Ostia, percorso che svolse impiegando 14 minuti. Al termine del periodo di collaudo, i risultati però non furono entusiasmanti: innanzi a tutto il consumo dei pneumatici era molto elevato in quanto la sezione a contatto con la rotaia era alquanto ridotta e la loro sostituzione non risultava così semplice come veniva descritta; i viaggiatori dovevano sottostare a rigide limitazioni nel trasporto dei bagagli. Inoltre i posti erano piuttosto strettini e di difficile accesso, ma soprattutto i pezzi di ricambio pneumatici compresi dovevano essere importati, e forse anche l’alto costo del mezzo ebbe la sua parte nel far arenare le trattative. Con l’entrata in vigore delle sanzioni economiche attuate contro l’Italia e i cattivi rapporti con la Francia fecero il resto.
Nel dopoguerra l’idea di dotare i treni di ruote di gomma venne ripresa e pur non avendo avuto quella diffusione che i tecnici Michelin speravano, trovò un’efficace impiego nel settore delle metropolitane. Attualmente gran parte dei Métro in servizio nel mondo, trasportano ogni giorno milioni di passeggeri su veicoli dalle ruote di gomma che scorrono sulle rotaie e a nessuno di loro viene sicuramente in mente della Michelina, che come scriveva l’ignoto cronista della “Provincia di Aosta” ….scivolava, volava, leggera e veloce come una freccia….. lungo i binari della ferrovia canavesana, nei freddi giorni di febbraio 1932.
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