lunedì 23 settembre 2013

Antonio Gallenga Vita nelle campagne piemontesi - Country life in Piedmont

PRESENTAZIONE

Il libro che siamo lieti di presentare è un’importante documentazione coeva, sul modo di vivere, sulle consuetudini, sulle tradizioni e sui problemi della vita nelle campagne piemontesi di metà Ottocento, realizzata da Antonio Gallenga, uno scrittore e giornalista d’eccezione, che diventerà una delle firme più prestigiose del  Times di Londra.
Pubblicato a Londra nel 1858, Country life and Piedmont non fu mai tradotto in italiano, in quanto l’Autore lo ideò per il pubblico inglese.  Questo libro non è un trattato sociologico sulla vita dei contadini, né tanto meno un’inchiesta agraria, è molto di più, è un reportage, una corografia, un realistico ritratto della società subalpina di metà Ottocento, scritto senza indulgenza alcuna, con la conoscenza di un nativo ed allo stesso tempo lo sguardo distaccato di uno straniero.
Antonio Gallega struttura i capitoli del libro sotto forma di lettere indirizzate all’amico giornalista Marmion Savage e ad esclusione della  prima, sono datate da Castellamonte, luogo della sua residenza. Esse coprono un periodo che va da settembre  a gennaio e pur non riportando l’anno, esso è sicuramente il 1857-58.

Uomo di cultura e patriota, quando approda a Castellamonte e scrive questo libro,  Gallenga è un uomo di mezza età, nel pieno della sua maturità intellettuale. Le vicissitudini della vita  lo avevano già portato in giro per l’Italia e per il mondo.(vedere biografia alla fine del libro). Era stato in America, a Boston, dove aveva frequentato la dotta comunità degli esuli italiani e gli intellettuali  locali come Henry W.Longfellow e William H. Prescott, ottenendo una discreta posizione nell’insegnamento.
Nonostante ciò, il suo carattere irrequieto, lo portò a lasciare il Nord America per l’Inghilterra.
Riprese una nuova vita e anche qui non tardò ad affermarsi come scrittore e giornalista. Dopo aver acquisita un’invidiabile padronanza della lingua inglese, gli anni trascorsi nei paesi anglosassoni, ne plasmarono il carattere e la mentalità, facendo di lui un perfetto inglese.
Il suo cuore però, era, e rimase italiano: in Inghilterra frequentò Mazzini e gli esuli italiani e si adoperò con articoli e conferenze a sostenere la causa dell’Unità d’Italia presso l’opinione pubblica inglese.
Dopo la clamorosa rottura con Mazzini, Cavour, per assicurarsi l’appoggio di una penna prestigiosa in campo internazionale e un autorevole appoggio alle previste campagne militari del Piemonte (guerra di Crimea), lo invitò a venire in Piemonte;  nel 1854 ne favorì l’elezione a deputato al Parlamento Subalpino.
Antonio Gallenga, stabilitosi a Castellamonte dove era nato suo padre, iniziò la costruzione di una bella villa sulla collina che domina il borgo, ma nonostante gli impegni parlamentari a Torino, non recise i suoi rapporti con l’Inghilterra dove  mantenne  molteplici interessi.
All’epoca era corrispondente da Torino del “Daily News” e percorse, anche a piedi, il Vercellese e il Biellese per completare una ricerca sull’eresia di Fra Dolcino, un argomento al quale il pubblico inglese era molto interessato e che il Gallenga asseconderà con una libro in inglese. Contemporaneamente preparò, su invito di Cavour, “History of Piedmont”, la storia del Piemonte, che sarà presentata a Londra nel 1855, in occasione della visita di re Vittorio Emanuele II alla regina Vittoria.
L’anno successivo i tre volumi di “Storia del Piemonte” verranno pubblicati anche in italiano, procurando all’Autore molti problemi, che saranno la causa del suo abbandono della carica di deputato e del suo successivo rientro in Inghilterra.

Il 1857, quando inizia la scrittura del libro, non è per  Gallenga un anno felice: la politica italiana lo aveva profondamente deluso, un paio di anni prima la sua giovane moglie era morta di scarlattina ed ora si ritrovava solo in una casa posta in cima ad una collina a mezzo miglio dal paese, ancora da completare e soprattutto, troppo grande e vuota per lui.
Visse in quell’anno una sorta di pausa esistenziale, di volontario esilio nella quieta campagna canavesana, con gli amici castellamontesi, che lo rispettavano e gli erano fedeli, ma che probabilmente faticavano a comprendere il suo modo di porsi e la sua mentalità, così diversa dalla loro e quindi giudicata bizzarra.
Di politica non voleva più parlare, quindi di sua iniziativa o sollecitato dall’editore inglese, scrisse un libro, dove la sua contingente esperienza di vita fu occasione per raccontare agli inglesi, che proprio in quegli anni scoprono il fascino delle vette, la bellezza delle Alpi e dei laghi del nord Italia, la vita, il carattere e le abitudini della gente di questo piccolo Stato Sardo-piemontese, che si stava affacciando alla ribalta internazionale.

Coutry life in Piedmont  offre deliziose impressioni paesaggistiche, che assumono il carattere di una coreografia. (il Gallenga, grande passeggiatore ed escursionista, aveva girato le Alpi Graie e Pennine in tutta la loro estensione), conosceva già le bellezze delle loro valli avendole girate in lungo e in largo, ma sempre viaggiando, come un signore inglese al quale la gente guardava con soggezione,  riservandogli tutte le attenzioni, non aprendo però mai le loro case, né tantomeno i loro cuori.

Antonio Gallenga durante l’estate, dotato di qualche lettera di presentazione, iniziò le sue lunghe escursioni, lasciando a casa il “cappello inglese da viaggio, per indossarne uno da brigante” che, rendendolo esteriormente più simile ai locali,  favoriva il dialogo e la confidenza.
Percorrerà sentieri e strade polverose, userà anche i vari mezzi di trasporto dell’epoca, dalla posta-cavalli alle diligenze, si fermerà a dormire  nelle locande o approfitterà dell’ospitalità della gente che incontra nel suo cammino, contadini, notabili o appartenenti alla piccola borghesia della provincia.
Di questi incontri, di queste esperienze registrerà le cronache degli eventi più recenti, come la serie di cattivi raccolti, la meliga bruciata dalla siccità, la scarsità di castagne e l’ennesima vendemmia andata male, che da alcuni anni aveva reso il vino una bevanda preziosa. Per molto tempo vi era stata carestia di tutto, tranne che di tasse, le famose tasse cavourriane.

Ora invece, la stagione dei raccolti si era fatta più propizia, i bei grappoli pendevano dai tralci, ma i contadini si affrettavano a raccogliere l’uva ancora acerba, per paura, che dopo tanta carestia, venisse rubata. Questi ed altri fatti fornirono all’Autore l’occasione di trattare i problemi che affliggevano l’agricoltura piemontese, come i furti nelle campagne, la diffusione della mezzadria che induce  conflittualità tra padroni della terra e chi la coltiva o più in generale la grande proprietà della terra fertile della pianura, in mano per gran parte ad una nobiltà che disdegnava il vivere in campagna e l’impegno diretto nel suo sfruttamento.
Gli effetti di questo stato di cose si potevano cogliere nella distribuzione della popolazione agricola, che nella grande maggioranza affollava le valli alpine e i pendii rocciosi,  cercando di strappare, ad un terreno arido, il necessario per vivere.
Quando però si tratta di  affrontare i conflitti sociali che questa situazione genera, il suo giudizio è ondeggiante e contraddittorio: da una parte non gli sfuggono le miserie e le sofferenze della classe contadina e lavoratrice, come un’alimentazione a base di polenta e poco altro, dove la carne è un vero lusso e il vino fuori dalla portata dei lavoratori, ma quando tratta dei furti nei campi si lamenta dello scarso rispetto della proprietà, dei numerosi diritti di passaggio che la vincolano e visto che “La società qui, come dappertutto è una guerra tra gli “habens “ e  i “non habens” reclama solo una buona polizia rurale in difesa dei primi.

Nel suo spaziare a tutto campo, pone l’attenzione, anche, sull’industria nascente: i cotonifici di Pont e del Canavese, le filande e le tessiture sparse nei villaggi, i lanifici biellesi. Colpisce l’esortazione  alla necessità di attrarre i capitali stranieri, per avviare la prima industrializzazione (fatto che avverrà soprattutto nel settore tessile); il Piemonte, dice, non ha il carbone, ma possiede una vasta forza idraulica e una manodopera volenterosa, intelligente ed a buon mercato.

Originale è, soprattutto per i tempi, la consapevolezza che il turismo, oltre che un incivilimento dei costumi, possa rappresentare un consistente fattore di sviluppo. Affermava che i turisti europei affollavano il versante nord delle Alpi, mentre il versante sud, quello piemontese e lombardo, non avevano nulla da invidiare come bellezze naturali, anzi godevano di un clima più favorevole. Perché dunque lasciare a Svizzeri e Francesi i milioni di franchi che genera il turismo? Perché ciò avvenga è necessario sviluppare le infrastrutture che quasi non esistono, modificando quindi la situazione che descrive senza compiacimenti: il quadro desolante rappresentato dai trasporti, dalle locande e dagli alberghi piemontesi,  perlopiù sporchi e rumorosi.


A Gallenga piace soffermarsi sulle note di costume ed è molto severo nella polemica contro il lotto, il gioco delle carte, l’abitudine di masticare tabacco e sputare per terra.: “I Piemontesi, e in  verità gli italiani tutti, fumano come tedeschi e sputano come yankees.”
Anche la cultura ufficiale non sfugge  al suo severo giudizio, manifesta  fastidio per “quell’eterno Dante” e le “dissertazioni sui vecchi cocci” che effettivamente davano ancora un tono antiquato alla vita letteraria, mentre la mente richiede cibo fresco, per crescere e muoversi con i tempi.
Apprezza lo storico Domenico Carutti e  le opere del giovane scrittore Bersezio e pochi altri, il resto non gli pare “appartenere alla letteratura vivente”.

Antonio Gallenga si rivela sorprendentemente un grande amante della natura, diremo quasi un moderno ecologista e le sue riflessioni sono più che mai attuali.
Dall’alto del poggio dove risiede, commenta negativamente il disboscamento portato avanti da secoli, che ha reso brulle le colline e dissestato il territorio.
Anche nella Capitale gli alberi non sono rispettati e vengono capitozzati in malo modo. “Gli italiani non hanno occhi per le bellezze della natura, e raramente mostrano di amarla” scrive, e aggiunge che i torinesi hanno una splendida collina, ma che le loro passeggiate si arrestano al fondo di via Po.

Queste e molte altre originali ed argute considerazioni rendono ancora oggi, dopo più di 150 anni, questo libro affascinante e straordinariamente attuale, fornendo al lettore un esempio di argomentazione colta e allo stesso tempo di piacevole lettura.

In occasione del 150° dell’Unità d’Italia, si è riparlato di Antonio Gallenga, in seguito ad un episodio presente nel film  Noi credevamo di Mario Martone, in cui l’attore Luca Barbareschi interpreta il ruolo di Gallenga, mancato regicida di Carlo Alberto..
Questo fatto caratterizzò Gallenga oltre misura. Chi conosce anche solo sommariamente la sua vicenda umana, capisce quanta poca importanza  rivesta nell’incredibile storia della sua vita e nella mole di opere che lascò ai posteri.

Antonio Gallenga (1810-1895) fu un uomo che vide tutti i grandi eventi del suo secolo e alcuni li visse direttamente; fu fervente rivoluzionario durante le prime insurrezioni, fu esule, patriota, deputato al Parlamento, liberale prima e monarchico poi. La sua parabola politica, durante i suoi ottantacinque anni toccò i due estremi, ma non fu mai per opportunismo, ed ad ogni passaggio ne pagò le conseguenze.
Egli fu un uomo rigoroso, prima di tutto con se stesso, poco incline al compromesso, caparbio e ostinato. La sua franchezza gli procurò pochi ammiratori in Italia e pochi lo rimpiansero quando si stabilì definitivamente in Inghilterra, dove dopo essere stato un autorevole giornalista del  Times, morì nella quiete di un paesino gallese.
Oltre alle migliaia di articoli, scrisse numerose opere letterarie, salvo qualche eccezione tutte in inglese.

I suoi libri, compreso quello di cui oggi proponiamo la traduzione, si trovano nelle biblioteche delle migliori università del mondo: da Harvard, a Cambridge, da Princeton a Oxford .
Antonio Gallenga amò sempre l’Italia, esaltandone le bellezze naturali, la sua cultura e la sua arte, ma non mancò di denunciarne i difetti, con la speranza di vederli risolti e superati. Scrisse la prima grammatica moderna di Inglese-Italiano, che ebbe 14 edizioni e con i suoi articoli, contribuì, forse più di ogni altro, a far conoscere l’Italia e a far nascere presso l’opinione pubblica inglese quella curiosità, quell’amore per il nostro Paese, che si concretizzò con i primi flussi turistici.


L’Associazione culturale Terra Mia, con l’intento di valorizzare la vita e le opere di Antonio Gallenga, ha posto in essere una serie di iniziative, come articoli e conferenze ed iniziato la ricerca per l’acquisizione delle sue opere originali, ormai reperibili solo sul mercato degli appassionati bibliofili, che verranno in seguito rese fruibili tramite la Biblioteca di Castellamonte.
Parimenti è iniziata una ricerca in Inghilterra, con l’intento di raccogliere documenti e articoli, che permettano di ricostruire l’ultimo periodo della sua vita. Questa attività ci ha portati nel maggio scorso a “riscoprire” la tomba del Gallenga, ormai dimenticata nel cimitero storico di Llandogo e a visitare la casa in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita, ancora conservata pressoché integra dagli attuali proprietari. L’occasione ci ha permesso di raccogliere numerosi documenti e informazioni e ad allacciare proficui rapporti con storici locali.
Con la traduzione di Country life in Piedmont, resa possibile grazie all’impegno del dott. Sergio Musso, intendiamo offrire, in primis ai nostri Soci, la possibilità di leggere ed apprezzare un libro raro e prezioso, inedito in Italia e più in generale sviluppare un’operazione culturale che arricchisce il patrimonio bibliografico piemontese di un’opera di straordinario valore storico letterario.



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Antonio Gallenga Piccola Biografia

ANTONIO GALLENGA

1810    Discendente da un’antica famiglia di Castellamonte, Antonio Gallenga  nasce a Parma il 4 novembre dove suo padre, Celso, sotto-tenente dell’esercito napoleonico, sposa Marianna Lombardini.
Orfano presto di madre, e con il padre incapace di adeguarsi alla vita civile, che parte volontario per partecipare alla rivoluzione greca, Antonio verrà affidato alle cure dello zio materno che ne curerà l’educazione.
1831   Studente alla Facoltà di medicina, di intelligenza vivace, partecipa con irruenza e risolutezza all’effimera insurrezione parmense contro Maria Luigia, fallita la quale è costretto alla fuga. Assunto lo pseudonimo di Luigi Mariotti (che userà per molti anni, firmando anche alcune opere letterarie), raggiunse la Toscana e quindi la Corsica e Marsiglia. Esule in Francia si affiliò all’organizzazione mazziniana “Giovane Italia” con il nome di battaglia di “Procida”.
Fervente patriota, dopo la sanguinosa repressione attuata da re Carlo Alberto nei confronti dei mazziniani, matura in lui un progetto di attentato contro Carlo Alberto. Si reca a Ginevra dove incontra Mazzini e avutone l’approvazione e il sostegno per il suo progetto, raggiunge Torino.
1833  A Torino si rende conto che la situazione politica non è quella che si immaginava.  Gli aderenti alla Giovane Italia non sono molti e poco organizzati e i controlli della polizia sono stretti. Indugia quindi a prendere una decisione e alla fine, o perché si sentiva controllato o per mancanza di coraggio, decide di desistere nell’insano proposito e si da nuovamente alla fuga verso l’Italia meridionale.
1834  Assunto come precettore, segue un diplomatico napoletano, prima a Malta poi a Tangeri.
Una forte personalità, l’intraprendenza, una buona cultura fatta di assidue letture sono le sue risorse, ma non placano l’ansia che pare tormentarlo, facendogli desiderare nuove mete.
1836  Imbarcatosi in agosto da Gibilterra, raggiunge il Nord America e il 7 ottobre si stabilisce a Boston ove si serve delle lettere di raccomandazione fornitegli da un diplomatico americano per entrare nel giro degli intellettuali, particolarmente sensibili verso la cultura europea. Impadronitosi presto della lingua, stringe molti contatti importanti, come quello con lo storico W.H.Prescott. Da lezioni in un collegio femminile di Cambridge, tiene numerose conferenze e letture dantesche e sviluppa collaborazioni con la Nort American Review. Nel 1838 pubblica a Cambridge un volume di novelle in versi, che ottiene discreto successo. Non riusce però a soddisfare la sua ambizione mirante ad ottenere una cattedra di italiano all’Università di Harvard.
1839  Il primo maggio decide il ritorno in Europa e imbarcatosi a New York, un mese dopo è a Londra. Prende contatto con gli esuli italiani, che lo aiutano ad introdursi nei salotti degli italofili inglesi. Molti, sapendolo vicino a Mazzini, con il quale aveva ritrovato un rapporto di cordialità e in parte di concordanza ideologica, gli danno la loro considerazione, altri come l’influente Lady Morgan lo aiutano ad ottenere incarichi di traduzione e collaborazioni con riviste londinesi di attualità culturale, come il Metropolitan Magazine, la Foreign and Quarterly Review, la Westminster Review e la British and Foreign Review. Il Gallenga per queste riviste scrive numerosi articoli firmati con lo pseudonimo Luigi Mariotti, adottato dall’inizio dell’esilio e che conserva sino al 1853. Essi trattano di storia, vita civile, letteratura, ma il tema di fondo è sempre l’Italia e i suoi travagli, visti attraverso l’ottica di un esule.
Rielaborati e adattati ad un discorso più ampio, questi articoli, sono la base per un libro dal titolo Italy, past and present ( Londra 1841), successivamente tradotto in tedesco (Lipsia 1846).
Quella del Gallenga è un’esistenza che non conosce soste: dopo un viaggio a Firenze nella primavera del 1840, iniziano anche le collaborazioni con le riviste di G. P. Vieusseux, ma continua ad essere frustrato il suo desiderio di un incarico di prestigio in ambito accademico.
1842  Attratto dalla promessa di una cattedra di lingue e letterature moderne all’Università di Windsor in Nuova Scozia, ritorna in Nord America, ma deluso dal livello del college si dimette e ritorna a Londra lo stesso anno. Riprende l’attività di pubblicistica, che anche se non  lo gratifica  dal lato economico l’aiuta, insieme alla sua spiccata personalità e alla naturalezza con la quale si muove, avendo ormai interiorizzato comportamenti e modi di pensare inglesi, a conseguire un buon successo sociale.
Continua a frequentare e a collaborare con gli ambienti della “Giovane Italia”, dando una mano alla scuola italiana del Mazzini, adoperandosi a difendere l’immagine dell’illustre esule ed a ottenere dagli inglesi una migliore disponibilità verso le vicende italiane. In questi anni pubblica un libro di poesie: Oltremonte e oltremare, Londra 1844, un libro di racconti, Blackdown papers, (Londra 1846) e una nuova edizione in due volumi di Italy past end present, (Londra 1848).
1847  Il 12 luglio sposa Giulietta Schunk, figlia di una facoltosa famiglia di industriali tessili tedeschi, stabilitasi a Manchester.
I848  Gli eventi pre-rivoluzionari della situazione italiana,  infiammano di speranza il suo spirito rivoluzionario e sembrano  cementare l’amicizia e la collaborazione con Mazzini. I due insieme passano la Manica il 27 marzo e intraprendono il viaggio attraverso la Francia per accorrere in Italia. Particolare da notare, che il 2 marzo, la moglie Giulietta aveva dato alla luce una bimba nata prematura, ma, come egli dice: “ non avevo più né moglie, né figlia” dinnanzi al grande evento storico che si stava svolgendo in Italia.  Almeno nelle intenzioni, vuole battersi per il suo paese, dando il suo contributo di esperienza maturata.
Se non ché tra Mazzini e Gallenga scoppia la discordia e a Milano i due si separano. Cosa sia successo di sicuro non lo sappiamo. Mazzini anni dopo, scrisse in una lettera che Gallenga disse che lui era un uomo di fatti e che sarebbe andato a combattere…invece andò a casa a Parma.  Gallenga replicava: lasciai Mazzini perche eravamo divisi d’animo….Andai veramente a combattere e dopo avere cercato invano di entrare a mie spese in un reggimento piemontese, dovetti accomodarmi per quindici giorni nella legione Griffini…(volontari irregolari).
A Parma ritorna, convinto dal fratello Giuseppe, per sostenere la fusione del Ducato con il Piemonte, attuata da lì a poco col plebiscito del 20 maggio. Ai primi di maggio viene raggiunto da una missiva che gli annunciava la morte  della bimba nata prematura e ritorna a Londra.
Divenuto un convinto sostenitore della causa, secondo la quale, solo il Piemonte anche se guidato dalla monarchia, poteva realizzare l’unità italiana, ritorna a Torino e collabora al giornale Il Risorgimento di Cavour. La sua svolta moderata ha avuto inizio. Il governo Alfieri gli conferisce una missione diplomatica a Francoforte dove arriva il 2 ottobre per perorare presso l’Assemblea nazionale tedesca la causa dell’indipendenza italiana. Il suo carattere lo tradisce: prende delle iniziative personali che non piacciono al Governo, il quale il 6 dicembre gli comunica la fine della missione
1849  Il 27 febbraio ritorna a Francoforte, dove lo attende la moglie Giulietta, che da alla luce il suo primo figlio maschio, che chiama Romeo. Rientrato a Londra trova un posto da docente al London University  College, che mantiene sino al 1859.
1851 Pubblica la prima grammatica italiana; ripubblicata nel 1854, col titolo Mariotti’s Grammar, avrà  più di quattordici edizioni sino al 1883.
1852 Viene invitato dal Cavour a ritornare, con la promessa di un seggio al Parlamento subalpino. In autunno è a Torino e inizia le ricerche per la stesura di una Storia del Piemonte in lingua inglese, destinata a far conoscere il Piemonte all’estero. Riannoda le relazioni con Luigi Carlo Farini e collabora con scritti al giornale “Il Parlamento”  che il Farini aveva deciso di fondare, continuando l’opera del cavourriano “Risorgimento”;  si trattiene per tutto l’inverno  del 1853.
1853 Pubblica a Londra  A historical memory of Fra Dolcino…che tratta le eresie in Piemonte.
1854  A fine maggio, primi di giugno escono a Londra i primi due volumi dell’History of Piedmont.  Il 20 agosto del 1854 avviene l’elezione a Deputato alla Camera.
1855 Si stabilisce a Castellamonte dove ha fatto costruire una bella villa in cima ad una collina. Il 5 febbraio interviene alla Camera, e sarà uno dei più ferventi sostenitori della spedizione in Crimea a fianco degli alleati inglesi e francesi.  Alla fine di giugno ritorna con la moglie Giulietta e il figlio in Inghilterra attraverso il S.Gottardo ancora innevato sulla sommità del passo.
In questo anno incomincia a fare il corrispondente da Torino per il “Daily Mail” oltre a scrivere articoli per il “Parlamento”  e per la rivista il “Cimento”.
Quando sembrano raggiunti il rango sociale e la tranquillità tali da garantire una vita famigliare tranquilla, nell’agosto 1855 muore in  Inghilterra, per febbre maligna, Giulietta la giovane moglie. Antonio Gallenga chiede un congedo di sei settimane per riaversi dal colpo subito.
Ai primi di dicembre i volumi di “History of Piedmont” vengono presentati a Londra in occasione della visita di re Vittorio Emanuele II alla regina Vittoria.
1856  La storia del Piemonte viene stampata in lingua italiana a Torino dagli editori Giannini e Fiore e suscita aspre polemiche: per i repubblicani è opera di un uomo che si è dato alla monarchia. Tra i monarchici suscita scandalo il capitolo nel quale afferma che nel 1833 Mazzini voleva far assassinare Carlo Alberto, strumentalizzando un giovinetto idealista al quale fornì denaro e appoggi.  Giuseppe Mazzini, colpito nel vivo, replica che quel giovinetto idealista, del quale il Gallenga si guarda ben dal fare il nome, in realtà era lo stesso Antonio Gallenga, che lui sì aiutò, ma che l’idea del regicidio era sua. Lo scandalo lo travolge. Nonostante vi fosse stata l’amnistia e il perdono del re per tutti i reati commessi dagli esuli, tanto che alcuni sedevano nei banchi di Governo e nonostante il fatto che il reato non fosse mai stato consumato, Antonio Gallenga, fedele al suo carattere che non aveva mai lesinato critiche e denunce verso nessuno, con la sua proverbiale impulsività restituisce l’alta onorificenza dell’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro e da le dimissioni dal Parlamento. Dopo un repentino viaggio a Londra, ritorna nello stesso anno in Piemonte, attendendo gli eventi nella sua casa di Castellamonte.
1857 Nel suo ritiro di Castellamonte scrive Country life in Piedmont, che pubblicherà a Londra l’anno successivo.
1858  Ritorna in Inghilterra e sposa in seconde nozze una ricca  signora di origine irlandese, Ann Johnstone, che lo renderà padre due volte.
1859  Nasce a Roma, dove da un po’ di mesi risiede con la famiglia per lavoro, il secondo figlio avuto da Ann, la seconda moglie. Gli viene imposto il nome di Arduino in onore del marchese d’Ivrea divenuto il primo re d’Italia. A maggio rientra con la famiglia a Londra e nel viaggio, a Susa, incontra i primi contingenti di zuavi francesi che scendono verso Torino.
Restare lontano dal teatro italiano, mentre si sta combattendo la II° Guerra di indipendenza, non è per il Gallenga, che fa di tutto per essere mandato come inviato in Italia del suo giornale (il Daily News), ma gli dicono di aver già provveduto ad inviare un’altra persona. Non si arrende e grazie a Sir F. Mowatt riesce ad avere un ingaggio per il prestigioso The Times. Avrebbe voluto essere accreditato presso il quartier generale dell’imperatore dei francesi, ma l’incarico lo aveva già ottenuto l’ungherese colonnello Eber e così deve accontentarsi di sbarcare a Livorno e seguire le mosse di Gerolamo Napoleone che muoveva dalla Toscana per congiungersi con l’esercito sardo-francese. La II° Guerra d’indipendenza si conclude rapidamente con la pace di Villafranca dell’11 luglio 1859 e Gallenga ritorna a Londra.
1860 - 1861  Dopo la prova data nel 1859, arriva la gratificante assunzione come inviato corrispondente del Times. Realizza così alcune tra le sue massime aspirazioni: far parte di un’istituzione di prestigio internazionale, girare il mondo e formare  l’opinione pubblica di un paese avanzato su i temi più importanti di politica estera. In maggio inizia l’avventura garibaldina in Sicilia e il Times invia Antonio Gallenga a seguire la spedizione. Imbarcatosi sulla nave “Provence” sbarca a Palermo il 16 agosto e segue le truppe di Garibaldi fino a Napoli.
Lasciato Garibaldi, su invito del Times  torna a Torino o meglio a Castellamonte. L’avventura meridionale con Garibaldi ha aumentato il suo prestigio e le possibilità politiche.
Unitario ostile all’ingerenza francese in Italia, si dichiara favorevole all’avvento di una monarchia nazionale, che istituisca un Regno simile il più possibile a quello inglese. Vicino ormai alla Destra, nel 1860 e nel 1861 viene rieletto alla Camera, prima subalpina poi nazionale (VII e VIII legislatura) nei collegi di Castellamonte prima e Langhirano, continuando  a svolgere la funzione di corrispondente del Times da Torino. Il 16 settembre 1861 nasce la figlia Anna Agnese.
1863  Ai primi di giugno il direttore del Times gli comunica che gli avvenimenti italiani perdono interesse per il pubblico inglese, mentre il conflitto tra il Nord e il Sud degli Stati Uniti d’America riscuotono grande interesse. Date le dimissioni da parlamentare, ritorna in Inghilterra e, sistemata la famiglia  in una bella casa di Llandogo in Galles, parte da Liverpool con il vapore “Persia” e raggiunge Nuova York il 17 luglio, seguendo le vicende della guerra di secessione americana sino al dicembre successivo.
Le sue corrispondenze di guerra, molto apprezzate, sanciscono il definitivo legame con il Times.
1864  Segue la guerra tra la Danimarca e la Prussia e pubblica The invasion of Denmark, quindi a più riprese negli anni 1865-1866 e 1868-1869 è in Spagna per seguire la crisi della monarchia borbonica e la successiva rivoluzione.
Lo stile giornalistico del Gallenga unisce la capacità di valutazione delle forze in campo e le sue ponderate intuizioni, con una prosa vivace fatta apposta per indurre il lettore a vedere nelle posizioni del Times quelle dell’Inghilterra (e viceversa). Ciò avviene anche con le guerre combattute dalla Prussia nel 1866 e nel 1870-71, che il Gallenga segue con i suoi editoriali da Londra.
Nel 1873 riprende a viaggiare, spingendosi fino a Cuba, a cui dedica il volume The pearl of Antille (Londra 1873), traduzione italiana del 1874.
1875 In quell’anno è a Istanbul a seguire la crisi dei Balcani. Periodicamente si reca in Italia per dedicare lunghe corrispondenze al sistema politico del paese: molti i viaggi a Roma nel 1873-1875-1877-1878. Il quel periodo pubblica Italy rivisited (Londra 1877) e The pope and the king (Londra 1879).
Il Gallenga migliore è quello dei grandi reportages di viaggio, spesso destinati ad essere raccolti in volume: in Spagna nascono le Iberian reminiecences (Londra 1883), da una lunga circumnavigazione dell’America del sud nel 1879-1880 South America (Londra1880) e dal viaggio in Russia nell’estate del 1882  A summer tour in Russia (Londra 1882).
Con l’avanzare dell’età, abbandona i grandi viaggi e si dedica a raccontare le memorie della sua avventurosa esistenza, riprendendo il tema iniziato a trattare molti anni prima nell’Autobiographical sketch illustrative of Italian life….(Londra 1854, pubblicato con lo pseudonimo Castellamonte, che nell’edizione del 1856, ove Gallenga figura come autore, divento il titolo del libro.)  Con questa voglia di raccontarsi affida, nel 1885, al consueto editore londinese Chapman & Hall il secondo volume di Episodes of my second life,che tratta dell’arco temporale 1839-1880, mentre nel primo, raccontava il suo periodo americano.
In questi libri autobiografici, dove non mancano l’imprecisione della memoria, le varie sfumature della sua personalità dominano la scena. La  presunzione di sè si accompagna ad un sincero sforzo di autocoscienza. La sua voglia  dire tutto ciò che pensa, anche sulle persone, lo porta a comporre un racconto, sulle vicende interne del Times, giudicato troppo indiscreto dalla Direzione del giornale. Per l’ennesima volta, come clamorosamente era successo nel 1856 con la pubblicazione della Storia del Piemonte, Antonio Gallenga si fa del male da solo. Cade in disgrazia presso la proprietà del quotidiano e il 6 dicembre 1884 gli viene comunicato il licenziamento.
Ormai la sua vita l’aveva fatta, era sistemato economicamente e ciò non lo sconvolge più di tanto.
Continua con le sue pubblicazioni e scrive addirittura due romanzi: Jenny Jennet (Londra 1886) che merita un’ironica recensione di Oscar Wilde, nonché, postumo, Thecla’s vow (Londra 1898). Dell’Italia, dalla quale non riesce a staccarsi, traccia uno sconsolato bilancio nel  L’Italia presente e futura, con note di statistica generale. (Firenze, 1886 ed. La Barbera traduzione inglese 1887), nel quale le grandi aspettative del tempo dell’Unità italiana sono messe a confronto con la meschina classe politica dell’epoca.
Instancabile nonostante l’età, invia ancora articoli alla Nazione di Firenze, stavolta per descrivere le caratteristiche degli inglesi. (poi raccolti in Vita inglese, Firenze 1890).
Gli ultimi anni della sua vita li trascorre nella tranquilla cittadina di Llandogo, nella valle della Wey, ricevendo molti amici importanti, tra i quali il barone Robert Baden-Powell, che sarà il fondatore del Corpo dei Boy Scout.
La vita  famigliare non gli sorride più di tanto: nel 1879, muore a soli 31 il primo figlio, Romeo, avuto da Giulietta Schunk, lasciando la moglie Mary Montgomery Stuart incinta del primo figlio al quale viene imposto il nome del padre, Romeo Gallenga e associato il cognome della madre, Stuart. In seguito il piccolo Romeo Gallenga Stuart viene portato a Perugia, dove la famiglia materna acquista il meraviglioso Palazzo Antinori. Romeo, che non ebbe figli, morirà nel 1938  donando la residenza familiare al Comune, che ne farà la sede dell’Università per stranieri, ancora oggi attiva nel Palazzo Gallenga-Stuart.
Il 7 agosto 1891 muore, ribaltandosi nel fiume con il suo calesse, Anna Agnese Gallenga, la figlia.
Aveva solo 30 anni, prima donna docente all’Università di Cambridge
Con il figlio Hardwin (Arduino), diventato ufficiale dell’esercito di Sua Maestà, avrà sempre un rapporto conflittuale.
Hardwin nel 1915 pubblicherà una biografia del nonno Celso, soldato di Napoleone.
Antonio Gallenga resta nella bella casa di Llondogo con la moglie semiparalizzata fino alla morte,
avvenuta il 17 dicembre 1895. La moglie Ann gli sopravvive ancora due anni, fino al 24 marzo 1897.
Di Antonio Gallenga rimangono le innumerevoli opere sparse nelle biblioteche di mezzo mondo e una voluminosa biografia in due volumi, scritta da Aldo Garosci, dalla quale abbiamo tratto queste pagine e alla quale indirizziamo il lettore per gli approfondimenti.
Antonio Gallenga, vita avventurosa di un emigrato dell’ottocento (Torino 1979 Centro Studi Piemontesi)






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